Un paio d’ore fa è venuta a prendermi all’aeroporto. Mi attendeva in prima fila agli arrivi, sorrideva. E adesso a casa, seduta su una sedia, fissa a testa bassa le proprie ginocchia. Quando ci siamo trasferiti in questa casa pensavo di avercela fatta. Era tutto quello su cui avevo fantasticato negli anni passati. Un posto tutto per noi, per tutte quelle cianfrusaglie che avevamo raccolto con l’idea che ci avrebbero ricordato tutto quello che avevamo fatto assieme. Maria si siede sul divano, tira su le ginocchia per appoggiarci il mento. “Lele, non c’è la faccio, mi fa troppo male.” Me lo ripete mentre i singhiozzi le soffocano le parole rendendole quasi indistinguibili. “Ti prego” le dico. “Io ti amo, lo sai.” Maria appoggia il dorso della mano alla guancia e chiude gli occhi. Gira la testa di qua e di là e mugola. Mi viene da morire. Ma non trovo niente da dirle. “Dimmi la verità” continua lei. “L’hai portata qui, a casa nostra.” Mi chiedo perché insiste, perché continua a farci soffrire. Dove diavolo sono i vicini e le loro urla, perché fanno tutto questo silenzio. Ci siamo sempre lamentati dei loro litigi, dei pianti di lei e degli scatti d’ira di lui. Ringraziavamo d’essere migliori di loro, e proprio oggi scelgono di starsene zitti, proprio oggi devono esser loro migliori di noi. Che vadano al diavolo. “Lele, questa cosa mi ammazza, mi hai spezzato il cuore.” Vorrei dirle ancora una volta che mi dispiace ma non ci vedo niente di buono a parlare. Allora verso del Jack Daniels con miele, ci aggiungo un cubetto di ghiaccio e le porgo un bicchiere. La guardo, attento che i nostri sguardi non si incrocino. Maria prende il bicchiere, si alza dal divano e si stende di traverso sul letto. “Hai fatto l’amore con lei anche in questo letto?”
– Emanuele Bissaldi –