4000 metri quadri che prima erano una fabbrica.
Un tempo, al posto della scala tutta gialla all’ingresso, c’erano i torni e le presse della Faema, dove si fabbricavano le macchine da caffè che Seth Brundle, ne La Mosca di David Cronenberg, affermava di possedere. Il tempo passa, tutto si muove e le identità cambiano ma forse, la sostanza profonda di cui sono fatte le cose del mondo, forse rimane uguale per sempre e qui ancora si crea, ogni giorno, qualcosa di speciale.
Due grandi edifici, quattro ampie navate, cortili e giardini di gelsomini, un melograno e poi, tutt’intorno, la scuola. Un teatro, aule informatizzate, studi fotografici e grandi spazi polifunzionali, per ospitare ogni esigenza espressiva. Tanto spazio e tanta luce, un luogo aperto, una scuola accogliente e inclusiva senza barriere architettoniche.
30 spazi didattici e laboratori.
Ognuno porta il nome di qualcuno arrivato secondo. C’è il ragionier Filini e poi Watson e anche Tesla; Artemisia Gentileschi e Hedy Lamarr. Anche Mohole a suo modo è un secondo. Lo abbiamo adottato, perché non ci interessano i gradini, le classifiche, i podi: ognuno deve diventare quello che è e dare quello che ha. In verità e bellezza.